La comunicazione istintiva: presto e bene non sempre vanno d’accordo

La comunicazione istintiva non soddisfa nessuno.

Spesso ci capita di elogiare la spontaneità e la schiettezza come virtù. Se le associamo alla sincerità e all’assertività in effetti sicuramente lo sono ma questo è ben diverso da esaltare tout court la comunicazione istintiva.

Per comprenderlo dobbiamo tenere presente che una buona comunicazione è essenziale, per la nostra vita. Quanto più è efficace tanto più favorisce le nostre relazioni, il nostro benessere, i nostri obiettivi.

È una sorta di esperienza che proviamo a ciclo continuo: con le parole, con il silenzio, con gli sguardi, con i gesti. Comunichiamo costantemente, con il comportamento e con un’infinità di espressioni e strumenti.

Quella istintiva, che prima di pronunciarla con la bocca, trasmettiamo con gli occhi, con l’atteggiamento, con il tremore o tanti altri segnali del viso e del corpo, svela in maniera talvolta dirompente il nostro stato d’animo, le sensazioni che proviamo in un contesto di tempo e luogo, i pensieri che colleghiamo a una situazione, la nostra reazione a uno stimolo.

Serriamo le mascelle, allarghiamo le labbra in un sorriso, ci chiudiamo a braccia conserte e gambe accavallate, prendiamo le distanze o ci avviciniamo all’interlocutore, tendiamo una mano o stringiamo in un abbraccio: in questi e in moltissimi altri modi manifestiamo e trasmettiamo quello che sentiamo a livello interiore.

Altrettanto facciamo con il tono di voce, con le parole che usiamo, con il ritmo di gioia, dolore, entusiasmo o patema che da essi trapela. Analogamente intercettiamo e interpretiamo quello che ci arriva da chi ci sta intorno.

Questo scambio è determinante, per i nostri rapporti con il mondo.

Lo è per come veniamo intesi, lo è per come intendiamo gli altri.

Tutti noi abbiamo recettori che captano il nervosismo, la felicità, la paura, l’allegria.

Tutti noi siamo influenzati da queste onde che connettono, respingono, entrano in attrito o si saldano.

Frequentemente parliamo di gestione, della comunicazione.

Ne parliamo perché ne abbiamo abbondantemente compreso la necessità e l’utilità.

Sono necessità e utilità primarie perché siamo animali sociali, perché non possiamo isolarci da tutti gli altri, perché dipendiamo fortemente dalle migliori relazioni che riusciamo a creare.

Avendo ben presente che la comunicazione ha in sé una componente razionale e una componente emotiva, se sbilanciamo troppo l’equilibrio lasciando che la parte emotiva domini, abbiamo una comunicazione istintiva frequentemente pericolosa e deleteria.

Interagisce negativamente con le nostre fondamentali capacità di ascolto, limita la disponibilità altrui ad ascoltarci, ci fa perdere importanti momenti di interazione, rischia di compromettere molte armonie personali, familiari, professionali, interrompe tanti processi proficui di apprendimento e confronto.

In definitiva, testimonia che siamo in balia delle nostre emozioni e ci impedisce di costruire strategie positive di relazione.

Il nostro capo, ad esempio, muove un’osservazione sul nostro operato e noi badiamo all’orgoglio, scattiamo allo scontro, ci mettiamo sulla difensiva. Cataloghiamo l’osservazione come attacco personale invece di coglierla come un’occasione per verificare il nostro operato e poi, eventualmente, far valere le nostre motivazioni.

Questo, se da un lato ci procura una pessima impressione sul capo, dall’altro incide negativamente sulla nostra crescita personale.

E ancora, in una discussione tra amici, poniamo l’opinione differente come una contrarietà a noi, una sfiducia nelle nostre idee, un moto di sfida, iniziamo ad urlare ed inveire arroccati sulla nostra posizione. Praticamente ci lasciamo sfuggire l’opportunità di un dialogo interessante, incriniamo il rapporto con gli amici, lasciamo che la nostra fragilità mandi in frantumi la comunicazione.

 

Quando e perché in pratica prevale la comunicazione istintiva?

 

Prevale quanto più siamo ancorati al nostro rigido sistema di riferimento: la nostra cultura, i nostri freni, le nostre debolezze, il nostro metro di giudizio, i nostri preconcetti, i nostri timori. Abbiamo alzato barriere, nutriamo diffidenze, siamo modulati sull’aggressività, temiamo i confronti. Valutiamo attraverso i nostri filtri, abbiamo sviluppato scarsa empatia, siamo poco inclini a metterci in discussione. Ma soprattutto, in sintesi, non abbiamo maturato una profonda identità.

Ecco che non c’è lavoro sulla comunicazione che possa partire senza un preliminare lavoro su di sé.

Gestire la comunicazione implica gestire le emozioni e gestire le emozioni significa aver risolto in ottima misura il proprio intimo rapporto con l’istinto.

Non siamo più preda dell’istante, non cediamo alla reazione irrazionale, sviluppiamo l’abilità di elaborare stimoli e risposte.

Tornando all’assunto iniziale la padronanza di sé è anche piacere, assenza di auto-condizionamenti, apertura, determinazione alla propria affermazione serena. Non un’eiaculazione precoce ma un sano e appagante orgasmo che ci tiene nel flusso di proficua reciprocità e rispetto di noi stessi e degli altri.

Lo scatto d’istinto infatti non è una conquista, non ci regala la gloria, è solo l’illusoria soddisfazione di un istante passato il quale ci rendiamo conto che ci siamo preclusi ben di più, ben altro…

 

Stefano Pigolotti

 

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