Coronavirus: l’occasione di esprimere se stessi

Vincolati tra le nostra quattro mura di casa senza poter uscire come prima, senza poter lavorare come prima, senza poter divertirci… come prima.

Senza poter “vivere” come prima.

Smettere di “vivere” per continuare a VIVERE.

Questo è quello che oggi siamo chiamati a fare, come persone, come Comunità.

In questa logica che destabilizza, possiamo reagire in vari modi: lasciandoci appassire illudendoci che l’acqua per sopravvivere sia la nostra vita sociale, oppure ribellandoci trasgredendo le regole comuni (in alcuni casi facendo a pugni con i sensi di colpa) e generando uno sterile rigurgito d’orgoglio per poter dire “io faccio ciò che voglio” o, ancora, cominciando a riflettere su cosa voglia dire VIVERE da essere pensante, che trae beneficio dalle difficoltà e che si permette, proprio grazie al cambiamento (in questo caso obbligato), di evolvere come persona, come Comunità.

Già, proprio così, quando il gioco si fa duro i “duri” cominciano a giocare e, piuttosto di essere arrendevoli pecoroni spaventati o tori in astinenza che giustificano una rivincita banale sfondando i recinti, è meglio immedesimarci in ciò che realmente siamo: esseri umani dotati di intelletto e sensibilità, pronti alla rinuncia per escogitare nuovi pensieri, nuovi metodi di aggregazione virtuale e fisica, intimistiche riflessioni da condividere e regalare agli altri nostri simili.

 

Avete notato come, a causa della confusione dettata dalla rapidità evolutiva dell’emergenza e del drastico cambio di comunicazione da parte degli organi di governo statale e sanitario, non esistono più i riferimenti stereotipati che, fino a qualche giorno, fa ci inquadravano in greggi senza pastore?

Oggi quando sentiamo amici o parenti, siamo obbligati a rispondere a domande e situazioni MAI ESISTITE prima.

 

È una grande occasione comunicativa perché, se siamo consapevoli della nostra essenza, possiamo davvero (e forse per la prima volta nella vita) esprimere realmente chi siamo.

Le regole del gioco sono cambiate nell’arco di una notte.

Prima additavamo come catastrofico l’allarmismo per una semplice influenza, ridevamo di chi svuotava i supermercati, facevamo il tifo per i Dirigenti sportivi che litigavamo per gli interessi privati della propria squadra e via discorrendo.

Poi la stretta del Governo che, dopo un paio di tentativi andati a vuoto (a causa dicono loro di un’incapacità congenita di gestire al meglio il livello arbitrio da parte del popolo italico), decide di definire l’Italia intera “zona protetta”.

Ed ora ci ritroviamo a vivere, tutti insieme in egual misura, un’emergenza trasversale che ancora cela i suoi contorni mantenendo aree oscure troppo legate alla libera interpretazione.

Proprio questa difficoltà di capire e di definire a priori il male che ci attanaglia, ci pone allo sbaraglio come cani che non hanno più catene e si ritrovano per magia in un luogo sconosciuto.

 

Che fare? Mugolare spaventati, ringhiare all’ignoto oppure esplodere per creare un nuovo modo di convivere con l’ambiente e i propri simili?

Oggi siamo chiamati a dare il nostro contributo, con coscienza civica, nel rispetto delle regole e con creatività nel dover esprimere pensieri nuovi e costruttivi che possano stimolare serenità, vicinanza, comprensione e solidarietà.

Questa è la comunicazione ai tempi del Coronavirus.

Cioè la capacità di esprimere, per una volta tutti insieme, pensieri che, seppur diversi, siano uniti dalla caratteristica di essere puri, sinceri… nuovi.

 

Non scadiamo nel buonismo gratuito e non facciamoci irretire ancora da facili, quanto inutili, espressioni di odio e indignazione, ma esprimiamo, tutti insieme e ognuno per sé, la nostra autenticità.

Regaliamoci pensieri nuovi e propositivi perché, impegnandoci a sostenere la società in cui viviamo, aiuteremo innanzitutto noi stessi a rivestire il ruolo di ESSERI UMANI che meritano di occupare uno spazio vitale sul nostro Pianeta.

È troppo facile, e per certi versi antico, sparare a zero sugli errori comunicativi dei governanti, sulla presunta incapacità della sanità nazionale e mondiale, sul lavoro infingardo dei giornalisti (o di alcuni tra loro).

Credo che questo momento storico, che verrà riportato in ogni ambito nelle letterature future, possa essere la più grande opportunità di far sentire la voce di ognuno di noi e, se saremo intonati e seguiremo uno spartito comune, si genererà un’armonia difficile da ignorare e dimenticare.

Questa è la grande occasione per esprimere noi stessi. Questa è la grande occasione per riversare Amore! Quello vero! Quello forse mai espresso.

Per alcuni di noi potrebbe essere il momento della redenzione, per altri l’attimo della spregiudicatezza, per altri ancora la frazione di secondo in cui venga riconosciuta la volontà, mai doma, di esprimere se stessi.

Comunicare, in clima di emergenza sanitaria mondiale, vuol dire cantare al mondo una nuova melodia che racconta chi siamo.

 

Stefano Pigolotti

9 thoughts on “Coronavirus: l’occasione di esprimere se stessi

  1. Concordo e condivido il tutto.. ed anzi credo che Qualcuno da Lassù ci abbia mandato un segnale forte e importantissimo….

    1. Ciao Stefano, tutto vero in questi giorni si apprezzano momenti e luoghi di vita quotidiana che si davano per scontati, il bene più prezioso è la vita, Mai dimenticarlo!
      La quarantena e l’isolamento non deve essere visto negativamente ma una grande opportunità per salvare la nostra vita e quella di tanti altri…Usare bene la testa non fa male😉

  2. Riuscire a essere se stessi in questo momento difficile, è magia..e nella magia si riesce a donare ancora più amore, più fratellanza, più passione..e se le persone vedono in te questa magia..sarai come il primo uccellino che canta in una fresca mattina di primavera..attraente e appunto..MAGICO

  3. Grazie Stefano, ottimi pensieri e riflessioni, cogliamo la parte positiva di questo momento che resterà nei libri e
    Ciò di meglio che possiamo
    Fare

  4. Speriamo che questa difficoltà ci faccia ricordare, da dove veniamo, i sacrifici veri che altri hanno fatto per noi, che ci faccia recuperare un po’ di umanità reciproca che questa comodità ci ha fatto perdere. Grazie Stefano

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