Che non sia una perseveranza diabolica

Tra le soft skills fondamentali per raggiungere un obiettivo (di vita, lavorativo o sportivo) vi è sicuramente la Perseveranza.

La capacità di non mollare mai, di rimanere costantemente motivati per raggiungere la meta. Tra le attitudini è una delle più complicate da acquisire e allo stesso modo da mantenere.

Bisogna essere molto precisi nel definirla, poiché spesso la confondiamo con altri atteggiamenti che, seppur propositivi, non la identificano per nulla.

Alcuni esempi:

  1. La motivazione rabbiosa: solitamente legata a cliché universali, che in realtà tende a spegnersi tanto rapidamente quanto esplosivamente si è innescata.
  2. Ripetitività del gesto: si tratta di mettere in atto comportamenti (talvolta faticosi da realizzare) con grande impegno nella loro esecuzione costante. Non è detto che la fatica nel ripetere determinati gesti equivalga ad essere perseveranti; soprattutto quando non siamo chiaramente focalizzati su un obiettivo.
  3. Errore ripetuto: in questo caso siamo di fronte ad un’espressione di perseveranza, ma negativa.
    Cioè, l’innesco del nostro fare è sbagliato e quindi, continuando ad esprimerlo, proseguiamo nell’errore. E addirittura, siccome fatichiamo ad esprimere tale continuità, ci definiamo perseveranti, anche se in realtà, stiamo autoimplodendo.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum

Anche la famosa citazione latina ci indica come, nonostante la Perseveranza venga inserita di diritto tra le più importanti skills, la stessa, se espressa in accezione negativa, non solo è inutile ma addirittura dannosa.
La perseveranza per esprimersi al meglio deve essere sostenuta da altre attitudini.

  • L’apertura mentale (per una maggiore visione d’insieme)
  • La capacità di focalizzare l’obiettivo (per non dissipare energia)
  • La creatività (per fare il primo passo e innescarla)
  • La resilienza (per rinnovarla quando un elemento esterno ci limita)
  • L’autocritica (per correggere la traiettoria e renderla ancora più efficace)
  • L’autogratificazione (sempre mantenendo umiltà, per alimentarla)
  • La condivisione (per trasmetterla e trarre ancor più forza nella restituzione)

 

Proviamo ad inserirla nel contesto attuale, in piena esigenza sanitario-economica.
La perseveranza appare proprio come un elemento indispensabile per poterci adattare alle nuove condizioni di vita sociale e alle nuove modalità da utilizzare per fare business in uno scenario nuovo e allo stesso tempo complicato.

E’ vero, ma se, come detto, la inneschiamo senza il supporto delle altre attitudini, ad esempio con un incipit negativo rischiamo che i nostri “sforzi di rinascita” siano orientati in una direzione sbagliata, addirittura diabolicamente auto-boicottante.

Facciamo un gioco metaforico, che può valere sia per le esperienze personali che per l’attività imprenditoriale.

Proviamo ad immaginare di essere fermi, bloccati sulle nostre gambe, e qualcuno di cui ci fidiamo, ci dicesse di iniziare a muoverci spostando il peso da un piede all’altro.
Caspita, stiamo oscillando. In qualche modo ci stiamo muovendo.

Peccato che “l’amico dai consigli d’oro” si è scordato (o noi non abbiamo ben capito) che dopo l’esercizio di oscillazione laterale dovremmo provare, essendo più alleggeriti (almeno su un piede piuttosto che sull’altro) a spostare la gamba (più leggera) in avanti.

Ma noi, che abbiamo riversato, sia all’amico che nell’esercizio, la massima fiducia e la nostra massima Perseveranza, non molliamo di un millimetro.

Siamo sudati, stanchi e quasi sfiniti, ma non molliamo.

Siamo convinti che muoverci sia proprio quello che stiamo facendo.
Peccato che non arriviamo da nessuna parte e consumiamo tutte le nostre energie.

State riuscendo a focalizzare ciò che accade spesso nelle nostre vite e nel nostro business? Ebbene continuiamo…

Dopo un po’, passa uno sconosciuto che si ferma ad osservarci e divertito dal nostro bizzarro movimento, ci chiede “Stai imitando un diapason o cerchi una connessione migliore per il tuo smartphone? Se stai pensando di muoverti devi camminare. Prova a mettere un piede davanti all’altro!”

Ecco, lì ci casca il mondo addosso.

Ma come?

Ho messo tutto il mio impegno per cambiare la mia condizione. Non è possibile che non ce l’abbia fatta. Addirittura adesso mi sento così stupido.

Prima reazione scomposta: Colpa dell’amico! E’ lui che avrebbe dovuto essere più chiaro. Sai che ti dico? Mi ha voluto fregare!!! (Ricerca della colpa lontano da NOI).

Seconda reazione più corretta: “Ma perché non ho pensato di “camminare”? Perché non ho alzato la testa e ho osservato gli altri. Perché non mi sono posto un obiettivo chiaro?”

 

Queste domande, se vengono da un’autoanalisi serena e proattiva, non sono RETORICHE!

E soprattutto non devono essere affossati. Tutt’altro!

Necessitano, invece, di risposte costruttive.

Quantomeno per non commettere lo stesso errore e avere la capacità di capire quanto sia importante prima di essere perseveranti essere correttamente orientati e creativi.

Quindi, se davvero vogliamo uscire da questa situazione complicata, dobbiamo selezionare le persone di cui fidarci, condividere con trasparenza paure e opportunità, creare legami, ma soprattutto metterci in gioco con noi stessi. Analizzare e individuare la via.
Dopodiché concentriamoci ad essere perseveranti, senza disperdere energie quanto mai utili in questo momento.

Evitiamo di amplificare i nostri sbagli scadendo nella testardaggine, accettiamo i nostri errori, ma non esasperiamoli, perché di personaggi “diabolici” ce ne sono già troppi in giro!

 

 

Stefano Pigolotti

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