Un vuoto da colmare

Scrivo perché un giorno si possa avere memoria di ciò che stiamo vivendo.

Strade vuote, tutti a casa, nessun contatto, niente abbracci, carezze o baci. Ogni rapporto sociale azzerato. Come mutanti mascherati e guantati ci è concesso solo, e non sempre, di lavorare per nobilitarci.

Oppure di provvedere al nostro sostentamento, ma solo se vicini a casa.

Non si viaggia, non si corre, non ci si allena, non si gioca… insieme è proibito.

 

Se disattendi, un raggio laser ti disintegrerà.

Il clima è incattivito. Tutti criticano tutti.

I vicini di casa sono pronti a giudicare ogni comportamento non conforme. Le informazioni giungono rutilanti e confuse ad alimentare la rabbia e l’oppressione.

 

La finestra da cui osservo tutto questo fa da cornice ad uno scenario che negli ultimi trent’anni è stato la base di molti libri che ho letto e film che ho visto.

Ma oggi i protagonisti siamo noi: la popolazione umana del Pianeta Terra.

In molti umani vi è ancora stordimento e, come buone pecore, accettano regole sconclusionate, fatte di terrore e ipotetica immediatezza solutiva. La chiamano speranza (se facciamo i bravi tutto finirà).

Per altri è l’occasione di amplificare lo sputo d’odio costante che hanno sempre identificato come l’unica azione possibile per contare qualcosa in un mondo che non hanno mai voluto comprendere.

Ci sono quelli che si fanno domande, e tante, ma non trovando risposte si rintanano per sopravvivere.

E poi, oltre le mille altre sfaccettature di personalità (più o meno coraggiose o codarde), ci sono quelli che amano. Se stessi e gli altri. Meglio ancora, ricevono amore nel donarlo. I puri.

Di quelli ce ne sono tanti, anche se molti non sono ancora consapevoli del loro dono.

Questi ultimi osservano ciò che oggi li circonda e si compiacciono al ricordo delle cose semplici.

Davanti a quella finestra sul vuoto assoluto si commuovono pensando a una cena, fissando nella memoria la testa rovesciata e il sorriso disordinato della donna che segretamente hanno amato.

I loro occhi si colmano di lacrime ricordando la nascita dei loro figli, le loro prime parole, i primi passi, le prime corse a perdifiato, scomposte, delle donne e degli uomini del futuro che hanno osservato da spettatori privilegiati da dietro un albero per non interferire nelle loro scoperte.

I puri ricordano la telefonata di un amico che richiedeva aiuto e si immaginano ancora in auto mentre vanno in soccorso emozionale. E ancora, ricordano le birre che riempivano il tavolino che li divideva, mentre l’altro svuotava il sacco raccontando l’ennesima cazzata.

E poi… le lacrime e gli abbracci, forse non tanto per la soluzione individuata, ma per la solidarietà condivisa. “Io ci sono!”.

 

Ci vorrebbe un’enciclopedia per scrivere tutto quello che passa per la testa degli esseri umani che positivamente abitano il Pianeta Terra, perché anche se non hanno vissuto uno specifico scambio d’amore, loro lo immaginano, lo sentono, lo rivivono perché è di questo che si alimentano.

Vengono sorpresi nel sonno dalla carenza di contatto e condivisione e allora corrono al computer o prendono lo smartphone e fanno una donazione o una telefonata d’amore alla prima persona in rubrica.

Compulsivamente!

Se mi immagino ancora qualcuno di quei libri o film socialmente catastrofici, allora la trama potrebbe essere più o meno così.

Un nemico invisibile e tremendo invade il Pianeta Terra.

La maggior parte della classe politica e dirigenziale è inerme o, peggio ancora, compiaciuta di poter raggiungere scopi oscuri. Qualcuno di questi ultimi è illuminato, ma rimane una voce nel deserto, percepita solo dai più attenti. Una parte della popolazione cavalca l’onda distruttiva per poter contare qualcosa, la maggior parte del genere umano è paralizzata dal terrore e avulsa dagli accadimenti, se non giusto per subirne le conseguenze e poi ci sono loro, i puri, che non si arrendono mai.

Non scendono a patti, non permettono all’oscurità di spegnerli. Anzi, si accorgono che come le stelle risplendono proprio quando la luce è spenta.

Si concentrano sulla soluzione, ma non combattono fisicamente.

Si limitano a cantare una melodia antica che risveglia la coscienza. Una nenia che tutti conoscono, ma che molti hanno scordato.

Qualcuno la canta, altri la scrivono, qualcuno la dipinge e altri invece la raccontano.

È una canzone antica che si insinua nelle tenebre, rischiarandole. Dona fiducia. Sovverte il precipitare delle cose: stimola i politici e limita gli odiatori seriali. Chiama a raccolta i sordi che si erano rintanati e sprigiona una luce che si autoalimenta.

 

Non si può ancora sapere se ce la faranno, perché il film non è ancora terminato. È un thriller. E non possiamo spoilerarlo.

Ma di certo, quello che oggi sento, notando il mio riflesso su quella finestra che incornicia il vuoto, è che l’unico modo per colmarlo è trasmettere Amore.

Sì, mi piacerebbe far parte dei puri!

 

Stefano Pigolotti

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