La ricetta della felicità

 

Cos’è la felicità per Stefano Pigolotti?

Quella cosa che di solito inseguiamo invece di vivere.

Quella cosa che troviamo quando smettiamo di andare a cercarla chissà dove.

Quella cosa che sembra impossibile fino a quando non la rendiamo possibile.

Insomma per Stefano Pigolotti la felicità è uno state of mind.

 

Probabilmente state pensando che è una formuletta semplicistica e puramente teorica. O, peggio, che non fa al caso vostro: troppi problemi, troppi dolori, troppe delusioni, troppa tristezza, per poter mettere la felicità in modalità on.

Il fatto è che questa negatività e questo scetticismo in realtà celano già una risposta: siamo noi a poter azionare l’on. Posto che non esiste vita senza affanni e sofferenze, la felicità resta una libera determinazione.

Qualcosa che nessuno può regalarci, che niente può garantirci.

Anche io so che ci sono tanti elementi che riteniamo predispongano, alla felicità. L’amore, innanzi tutto. E poi la salute e il benessere, le soddisfazioni personali. Magari perfino l’agiatezza che ci solleva da qualche grattacapo. Ma la felicità non è in nessuna di queste situazioni, in nessuna di queste condizioni.

È uno stato d’animo che troviamo solo dentro di noi, nel nostro approccio alla vita. Che, se mai, ci stimola ad amare, a lavorare, a viaggiare, a sognare, a progettare, a realizzare.

Tutte le bellissime sensazioni che possiamo provare, tutti gli obiettivi che possiamo raggiungere, tutte le fortune che possiamo avere, potrebbero non bastarci mai se abbiamo uno spirito infelice.

Viceversa, se siamo felici, attraiamo cose positive, affrontiamo meglio gli inevitabili guai, elargiamo felicità.

 

Possiamo apprendere la felicità?

Io, Stefano Pigolotti, credo proprio di sì!

Il presupposto per riuscirci è la consapevolezza. Quella che ci fa capire, al di là di freni o condizionamenti, cosa ci può rendere felici. Quella che ci fa capire cosa ci porta a negarci la possibilità di essere felici.

In termini immediati: se ci concentriamo sul dolore rendiamo invisibili tutte le altre emozioni positive che abbiamo a portata di mano; se non ricordiamo che siamo molto di più del problema che abbiamo, finiamo per tenerci il problema e non riuscire a godere niente altro.

Torna sempre buono Aristotele: «Se c’è una soluzione perché ti preoccupi? Se non c’è una soluzione perché ti preoccupi?»

Che relazione ha questo pensiero con la felicità? Non possiamo essere felici se ci arrovelliamo su ciò che dovremmo semplicemente accettare, non possiamo essere felici se ci fossilizziamo sul problema invece di cercare la soluzione.

C’è un passo imprescindibile per incontrare la felicità dentro di noi? Sì, volersi bene.

Se non ci vogliamo bene ci neghiamo a priori la possibilità di essere felici. Se non ci vogliamo bene non agiamo per ciò che consapevolmente sappiamo ci rende felici.

Del resto la maggior causa di infelicità non deriva dalla verità ma da come la prendiamo, da come la interpretiamo. Il più delle volte sono il nostro atteggiamento e la nostra reazione a ciò che accade a farci sprofondare nell’infelicità.

La ricetta della felicità è fatta di pensieri felici, di scelte felici.

La felicità è riconoscere ciò che siamo e abbiamo di buono.

La felicità è la nostra gratitudine al bene.

La felicità è smetterla di lamentarsi.

 

Non ho una bacchetta magica. Non posso cancellare la tristezza, non posso evitare che succedano fatti spiacevoli, non posso togliere le nuvole dal cielo. Posso però scegliere di non identificare tutto ciò con l’infelicità. Posso scegliere di coltivare ciò che mi rende felice. Posso impegnarmi in una routine di abitudini che favoriscono la felicità.

E posso vivere il presente. È molto importante. Lo è perché talvolta le ragioni avverse alla nostra felicità sono nel passato sul quale rimuginiamo inutilmente o nel futuro che è una mera eventualità per la quale preoccuparsi strenuamente serve a nulla. Lo è perché non mi faccio scappare l’attimo, l’attimo di felicità.

Ho imparato che talvolta non servono grandi motivi, per essere felici. Se aspettiamo e ci affidiamo ai motivi potremmo scoprire di esserci solo fatti trarre in inganno. Avete presente quei condizionali da cui facciamo dipendere la felicità? Sarei felice se potessi abitare a Roma, sarei felice se mia moglie cambiasse lavoro, sarei felice se riuscissi a dimagrire. Attenzione, spesso sono solo scuse che ci raccontiamo. E sono pericolose.

Bisogna avere la forza e il coraggio di scovare la nostra felicità, in maniera autentica, non agganciarla a motivi che ci tengono in balia del caso o di altri o di speranze irrealizzabili. Oppure metterci in cammino, perché la felicità deriva dalle nostre azioni positive, da quanto ci muoviamo a respirarla e a renderla una quotidianità possibile.

 

Volete sapere se Stefano Pigolotti è felice? Sì, perché esserlo dipende da me.

Questo non significa sia facile. Non lo è soprattutto individuare con consapevolezza cosa ci rende felici. Quello che ci fa volare le farfalle nello stomaco ci permette più velocemente di individuare i fiori che le possano attrarre ma, appunto, è questo il cammino più arduo.

La certezza che dipenda da me è una responsabilità però la vivo come opportunità, di felicità. E questo è il grande stimolo che la facilita.

Volete un risvolto sentimentale? Lo state of mind della felicità parte dall’amore per sé, aiuta ad amare gli altri e ci fa essere più facilmente amati. E celebrando questo amore…possiamo festeggiare San Valentino!

 

Stefano Pigolotti

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