Come uscire dalla legge di Murphy

Chi non ha riflettuto e sorriso con tutta la galleria di paradossi umoristici di Arthur Bloch?

Si riassumono tutti nel primo assioma, quello che tutti pronunciamo ironicamente come legge di Murphy: «Se qualcosa può andare male, andrà male».

Il primo vero postulatore della legge fu in realtà lo scienziato Edward Aloysius Murphy, militare dell’United States Army Air Corps e l’attuale formulazione è dovuta al medico militare John Paul Stapp.

Murphy pronunciò la frase che lo consacrò alla storia:

«Se ci sono due o più modi di fare una cosa

e uno di questi modi può condurre a una catastrofe,

allora qualcuno la farà in quel modo»

Era chiaro, nel contesto, il riferimento a un principio di probabilità sostanzialmente “aiutato” da un’imperizia. Bloch l’ha poi ripreso e reinterpretato in chiave volutamente satirica: accade proprio l’evento più improbabile e indesiderato.

“Si troverà sempre una cosa nell’ultimo posto dove la si cerca”.

“Chi russa si addormenta per primo”.

“Se ti può andare buca lo farà”.

Nella fantastica ed esilarante arguzia di Bloch, il pessimismo e la sfiga cosmici hanno due pregi non irrilevanti: il primo è appunto quello di farci ridere sfoderando una sana dose di autoironia e di leggerezza, il secondo è quello di farci sempre considerare che, anche nel male, potrebbe andarci peggio e dunque tanto vale trarne un’occasione per tirare avanti.

Il guaio però, soffermandoci più seriamente, è quel “tirare avanti”.

La resa alla legge di Murphy è pericolosa. Siamo animali abitudinari e se ripetiamo quell’atteggiamento mentale propenso a credere che “se tutto può franare, franerà” montandolo come una normale aspettativa finiamo per assumere un’attitudine alle eventualità negative. Quasi la invochiamo, la sfiga. O, almeno, non facciamo nulla per evitarla.

La legge di Murphy fa bene all’umore se la utilizziamo per prendere la vita con saggia leggerezza. Fa male alla nostra crescita se, semplicemente, ci crogioliamo nell’idea che il peggio abbia la vocazione a trionfare.

Stefano Pigolotti ha scoperto l’antidoto alla legge di Murphy?

La sfida dell’attenzione.

Tralasciando il simpaticissimo esercizio di Bloch, qualcuno del suo team non aveva eseguito alcune operazioni in maniera corretta e per questo Murphy era stato indotto a formulare quel pensiero. Quindi ciò che si può opporre a ciò che non è detto sia ineluttabile è la nostra fiducia, la nostra competenza, la nostra perizia, la nostra concentrazione.

Non è da disdegnare l’idea che uno spirito ottimista attiri meno problemi e trovi più soluzioni perché è propositivo, risolutivo, reattivo. Invece di farsi inghiottire dalla rassegnazione e soccombere alla legge di Murphy crede nelle buone possibilità. Certamente se sostiene lo spirito con conoscenze, abilità e focus, aumenta effettivamente le probabilità che si verifichi la migliore delle ipotesi invece di quella profetizzata da Murphy.

Più che uscire dalla legge di Murphy bisogna uscire dal suo circolo vizioso.

Insomma è valida se ci serve ad accettare meglio il peggio che non possiamo evitare, bisogna sottrarsi alla sua osservanza se possiamo scongiurare che si verifichi.

Il più delle volte, diciamolo, non c’è una sfortuna appostata con la pistola puntata, una mala sorte che cospira cocciutamente contro di noi. Siamo noi che corriamo il rischio di lasciarci suggestionare da una sorta di incontenibile catastrofismo globale o che ci crogioliamo nel ruolo di vittime.

È una trappola nella quale cadiamo o una zona di comodo nella quale subire passivamente e non prendere precauzioni e decisioni.

Tanto più invece affrontiamo la vita con consapevolezza e responsabilità, tanto più sappiamo che molto dipende dalle nostre scelte, dai nostri comportamenti, dalle nostre percezioni della realtà.

Può darsi che le fette biscottate cadranno dal lato spalmato di marmellata sul tappeto nuovo e costoso ma saremo pronti ad ammettere che siamo stati frettolosi o distratti, che non abbiamo tenuto saldamente la presa, che non abbiamo avuto la dovuta cura di smangiucchiare a distanza di sicurezza dal luogo e dall’oggetto che dovevamo preservare.

Rideremo, come è bene che sia, di noi e dell’ottima mira di Murphy che ci ha fatto lo sgambetto, poi riprenderemo in mano le redini sfoderando qualche virtù in più.

Ritenteremo e saremo più “fortunati”, a dimostrazione che la legge di Murphy è fatta per essere trasgredita.

 

Stefano Pigolotti

 

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