Come coltivare l’arte della pazienza

Ogni potere umano è composto di tempo e di pazienza (Honoré de Balzac)

Non si può dire che la pazienza sia una virtù “alla moda”, tutt’altro. Viviamo il tempo veloce, del mordi e fuggi, del treno al volo, dell’attimo fuggente. Nella fretta perenne la parola d’ordine è consumare. Consumiamo in effetti il tempo invece di viverlo.

La pazienza è l’arte dell’attesa, della moderazione, della disposizione a controllare le urgenze e le intemperanze.

Forse per capire meglio come coltivarla è utile avere in mente perché farlo.

La pazienza è una sorta di distanza che mettiamo tra un momento, una situazione, una parola e la nostra reazione. La pazienza è una chance che ci diamo per riflettere, per comprendere, per valutare come rispondere a uno stimolo. La pazienza è una pausa dall’affanno, una specie di tregua che concediamo a noi e ai nostri pensieri. La pazienza è una generosità d’animo che doniamo agli altri.

Non è una resa, non è una sconfitta, non è una debolezza.

La pazienza, al contrario, è alleata del godimento della vita e delle buone relazioni. È ciò che ci aiuta a maturare un giusto pensiero, è ciò che ci tiene al riparo da molti passi falsi, è ciò che ci fa aspettare il momento adatto a qualcosa, è ciò che ci fa assaporare un risultato, è ciò che ci fa capire meglio le persone con le quali interagiamo.

Quante occasioni abbiamo bruciato per impazienza?

Quanti scatti di impazienza hanno messo a serio repentaglio i nostri rapporti con familiari, amici, colleghi?

Quanta tensione e quanto nervosismo derivanti dalla nostra impazienza attentano al nostro benessere?

Facciamo mille cose contemporaneamente perché non vogliamo rinviare nulla, odiamo le code, le mail che non arrivano subito, il telefono che non squilla al minuto spaccato, ci infastidiamo per la più innocua delle lentezze e ci inalberiamo alla prima divergenza o al primo contrattempo. Tutto sotto la pressione dell’impazienza, spesso irrazionale e immotivata, riflesso di una cultura dilagante che impone una sequenza serrata di impegni, di azioni, di presenze.

Ecco, se iniziamo a comprendere quanto è spesso deleteria, inutile o sciocca tanta impazienza, magari riusciamo ad attivare la virtù della pazienza.

 

Come coltivarla?

 

a) Per tenere a bada la perenne insofferenza che ci fa scalpitare possiamo innanzi tutto imparare a mettere nell’agenda quotidiana dei piccoli o grandi spazi fuori dal ritmo frenetico del fare. Questi spazi servono a farci riappropriare del tempo presente, così com’è, senza corse, lontano da forzature. Ci regaliamo una dose di pazienza, ritroviamo il gusto delle cose assaporate con calma.

 

b) Giova ad allenare la pazienza anche regolare l’acceleratore dei desideri. Ricordiamoci spesso di quelli realizzati: tenerli a mente, riviverne l’emozione, provare gratitudine, ci restituisce la misura di ciò che abbiamo e allenta un po’ della nostra frenesia. Formuliamone poi di nuovi con il proposito di lavorare per vederli realizzati, senza ansia, con il piacere di respirare passo dopo passo il nostro cammino di avvicinamento.

 

c) Per coltivare la pazienza è poi necessario sottrarsi un po’ alla volta alla logica dell’immediatezza. Si fa con l’osservazione, si fa con la riflessione. Facciamoci caso. Spesso il nostro contesto sociale iperattivo non fa che alimentare inutili e dannose insoddisfazioni. Se proviamo noi a rallentare, comprendiamo il potere della pazienza: ci mantiene più lucidi e più recettivi e insieme più rilassati. Invece di andare avanti sotto il diktat “ora o mai più”, lasciamo che la realtà segua il suo flusso più naturale.

 

d) Ottimo sostegno per coltivare la pazienza è praticare il perdono. Perdonarci per un ritardo significa riavvicinarci a noi stessi e cogliere il valore della pazienza. Questo rispetto ce lo dobbiamo e ci porta lontano: ci porta a comprendere che ci sono tappe, cadute, emozioni, cambiamenti e che tutto fa parte di quella vita che dobbiamo imparare a non divorare.

 

e) Altra importante lezione per coltivare la pazienza è impegnarsi a tacere e rimandare quel grido che siamo soliti scagliare addosso a qualcuno che ci fa arrabbiare. Proviamo davvero a respirare, a cambiare strada, a morderci la lingua, a distrarci con un’altra incombenza. Potremmo scoprire di lì a poco che è stata la soluzione migliore e che abbiamo evitato un errore madornale oppure maturare la strategia giusta per parlare in maniera appropriata ed efficace oppure ancora essere fieri della nostra gentilezza.

 

Per il tuo impaziente sogno di felicità, impara l’arte paziente di realizzarlo.

 

Stefano Pigolotti

 

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