Cinque mosse per svegliare l’ottimismo

Forse siamo portati a credere che gli uomini si dividano in ottimisti e pessimisti e che se ci è malauguratamente capitato di nascere tra i secondi non ci resta che ripetere “sono fatto così, non posso farci niente”.

Oppure a convincerci che una vita facile generi ottimismo e una difficile porti dritto al pessimismo.

Se osserviamo bene intorno a noi dovremmo in realtà scorgere persone pessimiste là dove noi non faremmo che salti di gioia e persone ottimiste in situazioni che francamente sono almeno definibili critiche.

Quindi? Quindi possiamo essere più o meno ottimisti di natura, è vero, ma possiamo anche svegliare e allenare l’ottimismo dormiente. Possiamo farlo se ci rendiamo conto che la carica positiva dell’ottimismo è un’arma gigantesca. Possiamo farlo se siamo stufi di cedere al nostro improduttivo pessimismo. Possiamo farlo se decidiamo di concederci la chance di quella fiducia e di quella speranza che tanto servono ai nostri sogni, ai nostri programmi, ai nostri orizzonti.

Quali sono le portentose mosse per dare la sveglia all’ottimismo?

1) la gratitudine. La gratitudine agli altri, alle cose che abbiamo, a quello che di bello proviamo e viviamo, a noi stessi per tutto quello che siamo e riusciamo a fare.

Praticare la gratitudine significa tenere attiva l’attenzione su pensieri positivi.

L’abitudine alla gratitudine è dunque essenziale perché tiene sempre in vista motivi di ottimismo.

2) la leggerezza. Niente a che vedere con la superficialità, naturalmente. Esercitarsi alla leggerezza e alleggerirsi delle zavorre vuol dire iniziare a sgombrare la mente e il passo da tutto ciò che ci incupisce e ci inchioda al pessimismo. Conservare oggetti che non usiamo da anni perché ci spaventa l’idea che domani, sfortunati come crediamo di essere, possano tornarci utili, ci focalizza sull’eventualità negativa del bisogno, liberarsene – invece- scaccia l’incubo del catastrofismo.

3) allenarsi alle soluzioni. Di piccoli problemi, di ostacoli che è facile saltare, di noie pratiche di scarso rilievo. Per acquisire la buona abitudine all’ottimismo bisogna mettersi in azione. Dimostrare a se stessi che si possono trovare soluzioni, che non tutto è destinato ad andare storto, che possiamo influire sull’andamento delle cose invece di dare per scontato che vadano a rotoli.

4) prendere confidenza con la risata e con chi ride. La risata è notoriamente contagiosa perché siamo tutti in attesa di qualcosa che allenti la tensione, di un motivo per mettere in pausa pensieri pressanti, di un momento da gustare serenamente. In effetti la risata ha il potere di migliorare le condizioni psico-fisiche ma anche quello di mostrarci, spesso e volentieri, un altro punto di vista. Un punto di vista diverso da quello scettico e scoraggiato.

5) osservare i fatti e conciliare il dialogo con se stessi. Spesso è il nostro modo di intenderli a priori che fa scattare emozioni negative e innesca una reazione di triste rassegnazione. Vediamo nero. E vediamo nero perché abbiamo fatto un’associazione puramente meccanica. Se impariamo a prendere le distanze, a scovare cosa davvero ci raccontano i fatti, a capire che possiamo trovarci qualcosa a nostro favore, a considerare che in ogni momento può celarsi un aspetto o un risvolto positivo, cambiamo il nostro atteggiamento. Lo cambiamo ancora di più e meglio se a tu per tu riusciamo a guardarci allo specchio, a metterci in discussione, a confessarci che siamo prigionieri delle nostre convinzioni perché non ci incoraggiamo abbastanza.

Perché si dice “tentare non nuoce”?

Perché provare, con slancio e ottimismo, vuol dire non trascurare una chance e ha sempre più probabilità di successo di arrendersi al pessimismo.

C’è qualcosa che può favorire le mosse per svegliare l’ottimismo? Probabilmente il piacere della sfida. Quel grande stimolo che anima appunto al tentativo e alla speranza. E sollecitiamo il piacere della sfida quando ci dedichiamo a un gioco, a un’attività, a un passatempo che ci piacciono e ci coinvolgono molto. La gioia che ne ricaviamo e i risultati che raggiungiamo sono carburante d’ottimismo.

D’altra parte passione e entusiasmo propiziano sempre l’ottimismo:

“Noi siamo ciò che vogliamo essere”

(Benjamin Franklin )

C’è chi ha l’ottimismo come dote innata e chi decide di acquisirla.

Aspettarci il peggio è foriero di pessimi esiti, pensare al meglio dispone a ottimi traguardi. Meglio un circolo virtuoso di un circolo vizioso!

 

Stefano Pigolotti

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